Le discussioni possono essere costruttive o distruttive, dipende dal livello di ascolto dell’altro. Insomma, esiste un modo per litigare meglio
Litigare con il partner è per tanti pane quotidiano. C’è chi sostiene faccia bene alla coppia, perché mantiene viva la passione, e poi chi crede che sia più saggio “lasciar perdere”. Dove sta la ragione? Come dicono gli psicologi, sempre nel mezzo, perché non esistono solo bianco e nero. La mente e le emozioni sono colorate di mille sfumature.
AAA modi di litigare cercasi. Spesso il vero problema non è cosa diciamo, ma come lo diciamo. La comunicazione nella relazione deve essere chiara, efficace, trasparente. Quando la discussione è unilaterale, mancano l’ascolto reciproco e il rispetto della visione dell’altro, il litigio perde la sua utilità e si trasforma in una bomba ad orologieria, pronta a far esplorere anche il più profondo degli amori. Rabbia e aggressività celano una grande insicurezza, un forte senso di mancata accettazione, e questo, secondo gli esperti, intensifica la discussione e affonda radici difficili da estirpare nel benessere della coppia.
Ogni discussione ha uno stile. Qual è il vostro?

La psicoterapeuta Samantha Rodman scrive su Thrive Global: “Quando si cresce con due genitori che litigano spesso tra loro, si porta in età adulta quel modello di relazione, anche se inconsapevolmente”. Ciascuno di noi, dunque, ha un particolare modo di litigare con il proprio partner. Secondo le ricerche di Rodman sul tema, questi sono i comportamenti più o meno standard che applichiamo nelle relazioni:
- Invalidazione: “Non hai motivo di sentirti arrabbiat*” oppure “Quello che hai appena detto/fatto non ha senso per me”; la persona invalida la teoria dell’altra, sostenendo con sicurezza assoluta che il suo modo di pensare ed esprimersi non ha valore o ragione d’essere.
- Minimizzazione: “Non ho fatto niente di male, la tua reazione è esagerata” o anche “Quello che hai detto/fatto ha poca importanza”; le emozioni e i pensieri del partner vengono così minimizzati, scalfiti, mortificati, e a risentirne non è solo l’autostima della persona, ma l’intero equilibrio di coppia.
- Negazione della responsabilità: “Io ho fatto così solo perché tu ti sei comportat* in quel modo / hai fatto quella cosa” oppure “Non è colpa mia se tu…”; il senso di responsabilità è uno dei 6 pilastri dell’autostima, teoria dello psicoterapeuta americano Nathaniel Branden. Quando non ci prendiamo la responsabilità delle nostre azioni, neghiamo noi stessi, e di conseguenza ci allontaniamo dalla capacità di gestire rapporti intrapersonali.
- Instaurare senso di vergogna: “Piangi sempre” e “Basta fare la vittima, non soffri solamente tu”; far sentire l’altro nella posizione di provare imbarazzo e vergogna per i propri sentimenti è una delle “tecniche” di discussione manipolatoria più usate.
- Lasciare la discussione a metà: “Fai sempre così, basta, me ne vado” o anche “Non ho più niente da dire, ciao”; mettere un punto alla conversazione è spesso sinonimo di paura di affrontare le difficoltà. Quando il partner esce autonomamente da quel momento di conflitto sta rifiutando di prestarsi a trovare una via di uscita.
- Insultare: “Che razza di idiota farebbe una cosa simile?” e “Sei proprio un* scem*”; denigrare l’altro attraverso parolacce e insulti ci pone a un livello superiore e pertanto la discussione non porterà mai a niente di utile per la coppia, anzi, servirà solo ad allontanare le due parti.
L’empatia è necessaria

Se si escludono i precedenti stili di discussione, tutti egualmente tossici e distruttivi, litigare fa bene, lo dicono gli psicologi. Solo se nel gioco – perché alla fine di questo si tratta – entra anche l’empatia. In psicologia, l’empatia viene così definita: “ la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona, con nessuna o scarsa partecipazione emotiva”.
Essere empatici non significa trovarsi sempre d’accordo con l’altra persona, ma piuttosto cercare di comprendere come si sente il partner, entrando nel suo punto di vista, vivendo la sua storia.
Nel coaching si parla di empatia attraverso una nozione particolare: la mappa non è il territorio. Un concetto che, formulato dal fondatore della semantica generale, Alfred Korzybski (1879-1950), è cruciale anche nella PNL – Programmazione Neuro Linguistica.
Secondo Korzybski, il linguaggio è un tipo di mappa o modello che ci consente di riassumere o generalizzare le nostre esperienze e trasmetterle ad altri, evitando che ripetano gli stessi errori o che inventino qualcosa che è già stato scoperto. Caratteristica alla base del nostro progesso rispetto agli (altri) animali.
Ma A.K. sosteneva anche che il fraintendimento e l’uso scorretto di questo meccanismo è responsabile di molti problemi sociali. Confusione e inutili conflitti relazionali (in famiglia o sul lavoro) sorgono quando si scambia la mappa per il territorio.
In parole semplici: ciascuno di noi ha una propria mappa emotiva e valoriale, in base alla quale vede il mondo. Se per me, ad esempio, il matrimonio è un sacramento da onorare, cercherò un partner che, come me, desidera assolutamente sposarsi. Se però incontro una persona per la quale il matrimonio è un’invenzione giuridica che non si fonda sull’amore, io sarò portata a entrare in conflitto con quella persona, perché credo che la mia mappa sia effettivamente il territorio. Non lo è.
Abbiamo tutti una rete di credenze generate dall’educazione ricevuta, ceppo sociale, provenienza ecc. Due partner possono avere due mappe diverse, ma se attivano l’empatia VEDONO la mappa dell’altro e possono incontrarsi nello stesso territorio. Sforzarsi di capire il punto di vista dell’altro non vuol dire condividere un’opinione, ma è un’azione che disinnesca la tensione.
Esprimere sempre le proprie emozioni
Se ci sentiamo liberi di raccontarci senza filtri, la discussione diventa un momento di crescita e confronto. Certo, litigare non può essere evitato completamente sempre, ma se riusciamo a “litigare meglio”, rimanendo lontani dalle modalità tossiche di discussione e manipolazione, possiamo salvaguardare il rapporto. Ascoltare l’altro con il così detto ascolto attivo è il primo passo, e poi aprirsi in modo sincero e onesto è altrettando fondamentale.
Ricordiamoci sempre che esistono percorsi di terapia di coppia, o anche individuale, che aiutano a ripercorrere le tappe del proprio passato e comprendere più lucidamente il presente.
Psicologi, counselor, life coach e coach delle relazioni sono figure professionali che offrono la loro disponibilità per un supporto guidato nelle situazioni di conflitto prolungate.
Non è mai troppo tardi per trasformare un rapporto e farlo volare in alto. Imparare a litigare con ascolto, onestà, empatia e comprensione è un passo importante verso la relazione che tu e il tuo partner meritate.